giovedì 4 ottobre 2018

Alberto Giacometti : l'uomo che cammina di Donato Di Poce
















Forse ci voleva la sensibilità estrema e debordante di Jean Genet ,suo amico ed estimatore, nonché frequentatore del suo Atelier per cogliere l’essenza stessa della scultura di Alberto Giacometti. Quel Genet, ormai idolatrato da Sartre, genio santo e martire della devastazione dell’essere che prima di consegnarsi al silenzio creativo, scrive uno dei testi più belli e necessari per la storia dell’arte e della creatività del ‘900: “L’Atelier di Alberto Giacometti”. E non è un caso il titolo del suo scritto sull’amico, perché coglie l’artista(uno dei grandi del ‘900), nel suo habitat di bellezza e creazione, sofferenza e solitudine, estasi e lacrime, ma sempre in una sorta di regale creatività e lotta con la materia e lo spazio, in ascolto della sua coscienza e della sua anima, in ascolto del suo respiro e il respiro del mondo. E vediamo cose scrive di essenziale Genet su Giacometti: “ La solitudine, come la intendo io non vuol dire affatto condizione miserevole ma piuttosto segreta regalità, profonda incomunicabilità, senso più o meno oscuro di un’invisibile singolarità”. In effetti nessuno a mio avviso ha colto e interpretato come Giacometti la fragilità e la transitorietà dell’esistenza, ingaggiando per tutta la vita un corpo a corpo con la materia, lo spazio e l’essenza dell’essere umano. (Donato Di Poce)
Photo by kumoma lab on Unsplash
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