“Ci vuole
coraggio. Sì, ci vuole molto coraggio nel chiedermi di scrivere una prefazione
a un libro su di una band degli anni ’60. Perché, anche a voi che leggete, qual
è il primo pensiero che vi viene in mente? Sicuramente uno di quegli
insopportabili gruppi frikkettoni, hippie, pacifisti, lenti e insulsi sul
modello di Mamas&Papas o Jefferson Airplane (ne sono certo). Per fortuna,
anche in quegli anni terribili dal punto di vista musicale qualche luce
affiorava nel buio. E, forse, una luce più di tutte, quella di The Doors! Ed è
di questa luce che questo libro vi parla. Meglio, ve la racconta. E Giuseppe
Calogiuri, conoscendo questa mia debolezza, ha saputo trovare lo strumento e il
coraggio giusto. Ma, forse, è necessario andare per ordine… Il 4 gennaio 1967
The Doors pubblicano il loro primo album omonimo. Non siamo in un anno
qualsiasi, quel 1967 segnerà la storia degli Stati Uniti, prima, e dell’intero
mondo occidentale, poi. Già da qualche anno le forze armate di Washington
combattono lontano da casa una guerra non ufficiale. Dall’inizio del suo
mandato presidenziale, il “progressista” John F. Kennedy ha cominciato a prendere
i ragazzi del suo paese per scaraventarli dall’altra parte del mondo. The
Golden One (citando The Human League), figlio di una famiglia arricchitasi
spropositatamente grazie al commercio illegale di alcol, ha precipitato gli
Stati Uniti nel fango del Vietnam. Il suo successore, Lyndon B. Johnson, ha
continuato il lavoro. Anzi, lo ha portato alle estreme conseguenze. Il 7 agosto
1964, il Congresso americano – approvando la H.J. Res. 1145 (conosciuta come la
“Risoluzione del Tonchino”) – ha consegnato al Presidente un assegno in bianco
per portare le truppe ovunque ritenesse necessario. È l’inizio della presidenza
imperiale. E’ anche l’inizio, in pratica, della coscrizione obbligatoria per i
giovani americani. Quella carne fresca serve. È indispensabile per combattere
nelle paludi e nelle giungle del sud-est asiatico. Nel 1968, saranno ben
500.000 i soldati impiegati in Vietnam (con infiltrazioni anche in Cambogia e
Laos per inseguire i charlie). In questo clima, le Università sono le
istituzioni che, più di altre, risentono della guerra. I ragazzi che “vincono”
alla perfida lotteria della coscrizione hanno solo tre scelte: 1) accettare
l’arruolamento; 2) scappare, magari in Canada (come Jack Nicholson); oppure 3)
scegliere la strada dell’obiezione di coscienza. La terza è una scelta
difficile, ti mette fuori dalla società e, per questo, ci vuole un coraggio
enorme. Un campione sportivo all’apice della carriera rifiuterà più volte
l’arruolamento e il 20 giugno del 1967 sarà giudicato colpevole di tradimento. Quell’uomo
era Muhammad Ali! Una nuova strada doveva essere trovata. E qui la musica sarà
fondamentale come mezzo di aggregazione per tutti coloro i quali volevano fare
qualcosa. Il 1967 regalerà alla costa occidentale degli Stati Uniti la Summer
of Love e al Vecchio Continente la spinta alla rivolta studentesca, che in
Europa inizierà nel maggio dell’anno dopo. La scintilla partita dall’Università
di Berkeley, in California, diventerà fiamma viva in altri atenei, per
trasformarsi in incendio a Parigi. Il Monterey Pop Festival del giugno 1967
sarà il pretesto che permetterà agli studenti di unirsi, confrontarsi e
cogliere tutti i segnali che artisti come Jimi Hendrix o The Who sputavano dal
palco. Segnali che, in un modo o in un altro, volevano dire rabbia. Beh, The
Doors sono figli e, insieme, strumento di quella rabbia e di quella società
americana che è confusa e terrorizzata dai suoi stessi leader. Una società che
ha visto cadere i propri miti politici con l’assassinio di Kennedy, o quelli
sportivi, con l’arresto di Ali, e che vede, continuamente, partire i propri
ragazzi verso luoghi lontani e impronunziabili per tornare, poi, in casse
avvolte dalla bandiera a stelle e strisce. Una generazione di giovani e
adolescenti che si rifugia sempre più nelle droghe. Magari nuove droghe come
l’LSD, che aprono nuove porte. E queste porte sono quelle già narrate da
William Blake e che Jim Morrison, Ray Manzarek, Robby Krieger e John Densmore
faranno proprie e attraverseranno con l’arroganza, l’incoscienza e la rabbia dell’età.
Arroganza, incoscienza e rabbia che non si possono non condividere e
abbracciare. Abbracciare anche da parte di chi, come me, è cresciuto con e nel
punk, prima, e nella new wave, dopo. Un triade di valori e sentimenti che tutti
insieme risiedono in quella prima prova discografica e che, qui, Giuseppe
Calogiuri analizza e descrive con sapienza tecnica assolutamente invidiabile
(almeno da parte di chi crede che conosciuti due accordi si possa e si debba
formare una band!). Quello che avete tra le mani non è un ennesimo libretto
sulla band di Los Angeles, no. Sono pagine che vi faranno fare un passo avanti
sulla strada della conoscenza di un album fondamentale. Un disco con veri
gioielli. E alcuni sono gioielli sfrenatamente gotici: come non citare la
bellezza fulminante di The Crystal Ship. Pezzo che, per il chiaro riferimento a
leggende celtiche, avrebbe sicuramente fatto innamorare i membri della
Confraternita Pre-raffaellita di vittoriana memoria. Il dolore che trasuda
freddo e umido da End of the Night o l’incestuoso sangue che sgorga da The End.
Pezzo, quest’ultimo, che non può non ricordare In Cold Blood di Truman Capote e
a causa del quale, soprattutto, sono certo, il Re Inchiostro Nick Cave avrebbe
venduto l’anima per poter scrivere una murder ballad come quella. Insomma, ora
basta, inutile aggiungere altro. Giuseppe Calogiuri vi ha invitato, vi ha
aperto le porte e, come avrebbe cantato Ian Curtis: “This is the Way… step
inside!” (Prefazione di Daniele De Luca)
Giuseppe Calogiuri (1978) è nato a Lecce e qui vive e
lavora come avvocato specializzato in diritto d’autore e degli artisti. Alla
professione affianca l’attività di chitarrista ed ha all’attivo un decennio di
militanza nella prima tribute band salentina dei Doors, con la quale ha portato
il sound della band di Los Angeles in giro per la Puglia. Giornalista e
scrittore, tra i suoi lavori “Una buona giornata” (premio “Corto Testo”),
“Tramontana” (Lupo Editore, 2012), “Cloro” (Lupo Editore, 2016).
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